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Galatina : Arte, Storia, Cultura, Prodotti Tipici, Dove dormire, Dove mangiare, Cosa fare nella Provincia diLecce.

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Comune di Galatina

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La sua storia è documentata fin dal 1188: in un manoscritto viene citata "Maria, filia Nicolai de Papadia casalis Sancti Petri in Galatina". Ma, senza dubbio, già prima di allora doveva essere un centro di lingua greca che, "se non perde la sua origine nell'oscura lontananza de' tempi, ha con molte altre città di questa provincia incerta ed antica la sua fondazione". [B. Papadia, "Memorie storiche della città di Galatina nella Japigia", Napoli, 1792].
Grazie agli studi condotti dal Prof. Andrè Jacob sappiamo per certo che, nel 1200, Galatina era un centro importante di cultura, lingua e rito greco. Al tempo stesso le funzioni religiose erano celebrate anche in rito latino, diffusosi in tutta la Terra d'Otranto ad opera dei Normanni, che avevano occupato il Salento a partire dai primi anni dell'XI secolo.
Le chiavi pontificie presenti nello stemma di Galatina testimoniano la scelta di questa città, da parte dei Papi, quale centro propulsore di latinità nel Salento proprio nell'intento di contrastare la presenza di cultura greca e il rito religioso bizantino.
Le chiavi furono concesse per insegna a questa città dal Pontefice Urbano VI che, tenuto prigioniero a Nocera, fu liberato dai Galatinesi guidati da Raimondello Orsini del Balzo – come ci ricorda lo storico Silvio Arcudi: "Clavium insigna oppido Divi Petri Galatinorum concessa sunt a Pontifice Urbano VI, ob Britannorum direptionem, quam intulit ibi" ("Le insegne delle chiavi furono concesse a San Pietro dei Galatini dal Pontefice Urbano VI, per la vittoria riportata sui Britanni").
Le chiavi furono poi sormontate da una corona per aver Galatina, meglio di altre città, resistito alle incursioni dei nemici di Alfonso II, nel 1484.
Lo stemma più antico lo ritroviamo scolpito sul frontespizio del "Sedile", in via V. Emanuele II, nonché in un affresco quattrocentesco nella Basilica di S. Caterina d'Alessandria e nel frontespizio miniato del "De arcanis catholicae veritatis …", Venezia, 1518 di Pietro Colonna detto il Galatino, opera che si trova nella Biblioteca Civica "P. Siciliani": campo azzurro, chiavi una d'oro e una d'argento decussate, con i congegni rivolti all'esterno verso l'alto, e gli anelli legati da un cordone.
[a cura del Prof. Luigi Rossetti]
Il Tarantismo a Galatina
Si racconta che gli apostoli Pietro e Paolo, durante il loro viaggio di evangelizzazione, sostarono a Galatina e che San Paolo, riconoscente della calda ospitalità ricevuta da un pio galatinese nel proprio palazzo, ove ora è ubicata la Cappella, in via Garibaldi n. 7, diede a lui ed ai suoi discendenti il potere di guarire coloro che fossero stati morsi da ragni velenosi, detti in dialetto "tarante". Sarebbe bastato bere l'acqua del pozzo posto all'interno della casa (attualmente murato per motivi igienici) e tracciare il segno della croce sulla ferita.
Da qui l'annuale ricorrenza, il 29 giugno, di un rito esorcistico che, per le donne pizzicate (talvolta erano anche gli uomini) dalla taranta nelle campagne durante la raccolta del grano, iniziava nelle proprie abitazioni e si concludeva con la "liturgia" nella casa del Santo, dove venivano accompagnate da musicanti provvisti di tamburelli, violini, armoniche e organetti, per ringraziarlo della grazia ricevuta o per invocarla. Solo dopo aver bevuto l'acqua miracolosa ed aver vomitato nel pozzo, la grazia si poteva ritenere ottenuta.
Accadeva che le "tarantate", dopo essere state morse da uno di questi ragni, entravano in uno stato di confusione e agitazione o piombavano nella depressione, dal cui torpore si destavano solo al suono di una musica che le costringeva a ballare convulsamente, rotolandosi e contorcendosi per terra, arrampicandosi sui muri. Con "la pizzica", mimando la danza della taranta, nella quale si identificavano per portarla allo sfinimento e alla morte, le donne, perdendo la propria identità, si potevano liberare dal veleno e guarire dal morso. Per liberare le tarantate dalla possessione demoniaca, i musicisti-terapeuti facevano ronda attorno alla vittima aggressiva ed isterica e impiegavano ore e ore per portare a termine il rituale, che si concludeva con la morte simbolica della taranta a la rinascita a nuova vita della donna. L'esorcismo, quindi, si concludeva con il pellegrinaggio a Galatina, dove davanti alla chiesetta di San Paolo il rituale si ripeteva, richiamando folle di curiosi. Oltre alla musica e la danza, il terzo elemento magico del rito erano i colori. A volte ignare persone che indossavano abiti con colori accesi richiamavano l'attenzione morbosa delle tarantate. Ancora oggi durante la festa patronale di giugno su qualche bancarella si trovano le cosiddette zagareddhre, nastri colorati, legati anche ai tamburelli, che venivano agitati intorno alla tarantata, per identificare il colore odiato, e quindi strapparlo e gettarlo via per farla guarire.
Tratto da : comune.galatina.le.it

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